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Escuelita Zapatista

IMG_2559per Erodoto108 – Caracol de Morelia, Chiapas (Messico)

Arriviamo a Morelia a notte fonda, la carovana ha tardato, ci siamo fermati molte volte nel corso del viaggio. I votán ci aspettano all’entrata del Caracol, ordinati in due file, a sinistra gli uomini, a destra le donne. Uno per volta passiamo al banco della registrazione, “nome cognome provenienza, questa è la tua guardiana, si prenderà cura di te”. Mi sporgo alle spalle della donna che mi precede per sbirciare chi mi tocca in sorte, incontro gli occhi di una ragazzina con un paliacate azzurro e un figlio appeso al collo, che sbircia alle spalle della donna che la precede chi le tocca in sorte.

Esmeralda ha ventitrè anni, è sposata da dieci e ha “solo” quattro figli perché con il marito ha deciso di non avere una famiglia numerosa, per non rischiare di non poterla mantenere. Il giorno che affrontiamo questo discorso resto in silenzio, ad ascoltare quella che per Esmeralda è una pianificazione familiare e per me la metà di una squadra di calcio. Saranno molte le volte che rimarrò muta alle sue affermazioni, cercando di pensare come lei pensa, di vedere come lei vede. Forse avrei dovuto parlare, spiegare anche a lei perché non voglio dei figli, perché non vivo a fianco a mia madre, perché sono finita nella sua terra, nella sua casa, nella sua vita. E invece taccio, e me ne vado senza la minima idea di cosa sia rimasto di me alla comunità 7 de Enero, se qualcosa è rimasto.

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La sveglia del primo giorno di scuola suona all’alba, i nostri orologi arrancano inseguendo quelli del fronte, che corrono due ore in avanti. Qui anche l’orario è una forma di resistenza, un modo di difendersi da uno stato che vuol dominare anche il tempo. In Europa nemmeno ci facciamo più caso, qualcuno ha deciso che le giornate erano corte, che bisognava allungarle, e da allora tutti saltiamo dall’ora solare a quella legale senza battere ciglio. In Messico no, in Messico ci sono posti dove il tempo non va né avanti né indietro ma tiene il suo ritmo costante, indifferente alle lancette appese alle pareti degli uffici pubblici. In questo tempo ci muoviamo, seguendo una “tabella di marcia” che tiene conto di tutto, dalla sicurezza agli svaghi. Si sono organizzati bene, gli zapatisti, sono stati capaci di non lasciare nulla al caso e di farlo in modo spontaneo. Hanno molto da dire, scalpitano per raccontare, condividere, rispondere, la lezione plenaria a cui assistiamo fa apparire sbrigativo un discorso di Fidel Castro. La partenza alla volta delle comunità, prevista per il pomeriggio, non avviene prima di notte.La Escuelita zapatista non è stata un evento mediatico, un’iniziativa propagandistica e nemmeno un impegno politico. Quello semmai viene adesso, che le “lezioni” sono finite e siamo stati rispediti a casa con la consegna di diffondere ciò che abbiamo visto, ascoltato e vissuto. La Escuelita zapatista è stata piuttosto una gigantesca intromissione, seppur con invito, nell’intimità dell’EZLN, un’iniezione di corpi estranei effettuata, dietro ricetta medica, nelle vene di una delle organizzazioni più interessanti, sperimentali e innovative del secolo precedente, che non smette di sorprendere, avanzare e mutare in quello attuale. Vorrei aver raccolto la testimonianza degli altri milleseicentonovantanove alunni, ne sarebbero probabilmente uscite milleseicentonovantanove versioni diverse.

L’ejido 7 de enero è una manciata di case lanciata in un verdestagionepioggia. Si chiama così in onore ai caduti di Morelia che persero la vita in questa data, nel 1994, nel corso dell’insurrezione armata che permise il recupero di questa e altre terre, e che svelò al mondo l’esistenza dell’EZLN. I suoi abitanti sono cresciuti nel Caracol centrale e in seguito si sono spostati per creare la loro famiglia e comunità. Hanno costruito la scuola, la cappella/sala riunioni, la sala del promotore di salute, un alimentari. Hanno avviato progetti collettivi di allevamento di bestiame, coltivazione del caffé, produzione di miele, sartoria e ricamo. Le giornate cominciano alle quatttro del mattino, la legna si taglia nel bosco, l’acqua si prende al pozzo, mais, fagioli e zucchine si raccolgono nella milpa.

IMG_2582Il piano di studio prevede che ogni allievo venga accolto, col suo guardiano, in una famiglia della comunità, per assistere a tre giorni di lezioni pratiche e teoriche. Il breve incontro di benvenuto che teniamo nella sala riunioni mi conferma che, al di là del clima festoso che pervade le classi della Escuelita, questo non è un gioco, che tutto quello che è avvenuto finora e che avverrà nei prossimi giorni è stato attentamente pianificato, che gli zapatisti sanno quello che stanno facendo. L’unica variabile che non potranno controllare saranno le emozioni, e anche questo me lo conferma la riunione di benvenuto perché, sconosciuta tra sconosciuti, in una terra recuperata del Caracol di Morelia, alla luce di torce e candele, inaspettatamente mi emoziono. E non sono l’unica, una carica emotiva corre in tutti i racconti che ho ascoltato finora, a prescindere dallo spirito con cui si è affrontata quest’esperienza e dallo sguardo che le si è rivolto. Questo è uno dei miracoli dell’Escuelita, non tanto che gli zapatisti siano riusciti a convocare e accogliere millesettecento persone quanto piuttosto che siano riusciti, per un motivo o un’altro, a emozionare ciascuna di loro. Molti se ne sono andati ringraziando, benedicendo, promettendo, alcuni perfino spiegando. Altri hanno lasciato che un po’ d’inquietudine s’infiltrasse nei loro ringraziamenti, benedizioni e promesse. Pochi hanno ammesso di continuare a ignorare il significato ultimo dell’Escuelita, nonostante i comunicati pubblicati, i libri letti e le spiegazioni date.

La versione ufficiale del perché è stata organizzata l’Escuelita ha a che vedere con la condivisione e diffusione dei progressi dell’autonomia zapatista. E, in effetti, il livello di organizzazione raggiunto in questi dieci anni di vita dei Caracol è impressionante. E per essere sicuri che rimanessimo impressionati, al momento della registrazione ci hanno consegnato anche quattro libri, che abbiamo dovuto leggere scrupolosamente nel corso della settimana, e che trattano di governo autonomo, resistenza autonoma, partecipazione delle donne. Chi da sempre segue il movimento e già conosceva le comunità non smette di congratularsi per i traguardi raggiunti, chi dell’EZLN aveva solo sentito parlare si sorprende nello scoprire che tutto questo lavoro è stato fatto da contadini, falegnami, maestri delle elementari, erboristi e ostetriche, e non da intellettuali incappucciati col mitra a tracolla. O almeno, non solo.

Ma liberarsi dell’ombra di Marcos è impossibile, e la domanda se l’EZLN sarebbe quello che è senza di lui continua a non trovare risposta. Forse non vale nemmeno la pena di porsela, questa domanda, come non vale la pena dietrologizzare troppo sul perché alcune migliaia di indigeni chiapanechi abbiano deciso di aprire le porte di casa loro a degli sconosciuti in cerca di “modelli di vita alternativi”, dopo che da anni, seppur percuotendosi coscientemente il petto, usufruiscono dei benefici di uno sfruttamento che riguarda tutti i popoli originari, e quindi, anche gli zapatisti. La tentazione di chiederselo però è forte, perché forte è la consapevolezza tra le fila dell’EZLN che gran parte delle persone invitate vivono nell’abbondanza grazie ad altri che vivono nella privazione, e che si tratti di messicani sfruttati nelle piantagioni di caffé, di peruviani sottopagati nella produzione dell’organica quinoa o di congolesi che muoiono nelle miniere di diamanti fa poca differenza. Come non fa differenza che gli zapatisti sappiano o no ubicare Perù o Congo su una mappa, perché quel che contestano è un sistema-mondo, una contestazione che non a tutti gli alunni dell’Escuelita sembrava essere chiara, mentre pontificavano, cellulare ultimo modello alla mano, sull’elevato costo delle verdure biologiche.

knoll_4Ma gli zapatisti dicono che “un altro mondo è possibile”, dicono che accettano anche chi viene da questo mondo di sfruttati/sfruttanti perché nell’esclusione siamo tutti uguali. Eppure, anche quando quell’esclusione la si vive sulla propria pelle, è difficile pensare che siamo davvero tutti uguali. La sofferenza è una per tutti, ma l’isolamento di un europeo che decide liberamente di trasferirsi in una delle ex-colonie più impattate dall’imperialismo per “vivere in un altro mondo possibile” non è uguale all’isolamento di un messicano che per sopravvivere emigra negli Stati Uniti, dove viene perseguitato, discriminato, criminalizzato e se trovato espulso. Assumere la contraddizione che soggiace al “siamo tutti uguali” non è sforzo da poco. E pare che gli zapatisti l’abbiano fatto, nonostante tra le motivazioni dell’Escuelita probabilmente ve ne siano alcune legate anche al “rilancio” dell’EZLN, che per poter mantenere questa sua autonomia ha bisogno del supporto internazionale. Supporto però, non carità. E anche per questo forse l’organizzazione lavora tanto duramente, e invita i suoi sostenitori a conoscere i frutti di questo lavoro, restituendo alla parte di mondo che l’aiuta ciò di cui ha più bisogno, e che non può comprare. La speranza.

Alerta roja por la aprobación del gobierno a la siembra de 2.5 millones de hectáreas de maíz transgénico

IMG_3462Oaxaca de Juárez, Oaxaca (México)

15 de febrero 2013

Cuando el presidente Peña Nieto, el 21 de enero desde el municipio de Santa Margarita (Chiapas), lanzó su cruzada contra el hambre, difícilmente podía pensar que apenas dos días después otro tipo de hambre pudiera constituir una molestia quizás mayor: el 23 de enero, algunos integrantes de la Unión Nacional de Organizaciones Regionales Campesinas Autónomas (UNORCA) iniciaron un ayuno colectivo contra la siembra de maíz transgénico. “Un acto de mortificación voluntaria (…) para denunciar el enorme atropello que significaría la aprobación de la siembra de maíz transgénico en México y demandar que el gobierno federal considere los intereses de los campesinos y productores mexicanos por encima del poder de las empresas trasnacionales”1. Porque la lucha contra los transgénicos no es una simple “cuestión agrícola” y tampoco es sólo una “cuestión mexicana”. En las palabras del jurado del Tribunal Permanente de los Pueblos2, “los ejemplos de ataques al maíz y a la soberanía alimentaría (…) ponen en evidencia un ataque sistemático y estructural a la cultura, identidad y futuro de los pueblos de México”. Pero no se trata únicamente de México, pues para los campesinos y la población rural de América Latina, Asia y África el maíz es ya una de las principales fuentes de subsistencia y países como Lesotho, Zambia y Malawi tienen el porcentaje de consumo de maíz per cápita más alto del mundo3.

La Comisión Nacional para el Conocimiento y Uso de la Biodiversidad en México (Conabio) ya había dictaminado que las solicitudes de las corporaciones fueran rechazadas4. En 2009, la misma Conabio publicó un estudio sobre el origen y la diversificación del maíz5 concluyendo que la totalidad del territorio de México es centro de origen del maíz6. Una contradicción frontal con el mapa publicado por el gobierno mexicano7 que establece que las áreas de siembra de transgénicos quedan fuera de los centros de origen y que, según un informe del Centro de Estudios para el Cambio en el Campo Mexicano (Ceccam), “no es científicamente correcto y fue diseñado para justificar las plantaciones de las transnacionales”8.

A pesar de las solicitudes de la población y de la carta que la Vía Campesina, GRAIN y el Grupo ETC dirigieron a la FAO y al Convenio sobre Diversidad Biológica (CDB) pidiendo que intervengan a favor de la seguridad alimentaria global9, el gobierno de Calderón eliminó la obligación de seguir las recomendaciones de las instituciones encargadas y de consultar el Instituto Nacional de Ecología10. A principios de diciembre, el nuevo Secretario de Medio Ambiente del gobierno de Peña Nieto, Juan José Guerra, declaró que la decisión sobre los transgénicos era “una decisión técnica” y que consultaría con científicos. ¿Cuáles científicos?, nos preguntamos. Obviamente, ninguno de la Unión de Científicos Comprometidos con la Sociedad (UCCS), ni de los dos mil setecientos expertos que en noviembre firmaron un llamado contra el maíz transgénico11.

El hecho es que la cuestión del maíz transgénico es un asunto importante y delicado, sobre todo porque la mayoría de las tierras destinadas a su cultivo se encuentran en el Norte del país, este Norte que desde hace años nos presentan como un Far West de asesinatos y narcotráfico. Pero tan malo no debe de ser si “seis de diez hectáreas de tierra vendidas en el mercado se encuentran en nueve estados del Norte”12.

En este sentido, el reporte escrito por Héctor Manuel Robles Berlanga acerca de la venta de tierras en México resulta muy interesante porque, aunque concluya que el fenómeno de acaparamiento de tierras no existe en el país, subraya que “si miramos a las ventas de tierras juntas con los contratos de usufructo, de dominio pleno y con la formación de compañías comerciales, se obtiene la cifra de 11.553.000 hectáreas de tierra (…) Una cifra para nada insignificante, pues representa el 6.5 por ciento del área rural y el 36.7 por ciento de la tierra cultivable en el país”13.

Es decir, el acaparamiento de tierras en México no se ve, pero se practica. Y si se suman a los beneficios de la venta de productos transgénicos las regalías para las semillas, las tecnologías y los plaguicidas (que ya patentaron Monsanto, Syngenta y DuPont) y sobre todo el negocio de tierras en los estados confinantes con Estados Unidos, se entiende mucho mejor porque el tamaño de los intereses en juego es el mismo que el de los riesgos: enorme.

La sociedad civil sigue manifestando su rechazo a las políticas gubernamentales, la huelga de hambre se concluyó el 1 de febrero con una mega-marcha organizada por la UNORCA y La Vía  Campesina14 y el jueves 7, en la Facultad de Ciencias de la UNAM, tuvo lugar un debate público donde Antonio Turrent, presidente de la UCCS, exigió nuevamente al gobierno de Peña Nieto que evitara la siembra de maíz transgénico en el norte del país y revocara los permisos otorgados con fines experimentales de ese cultivo a cielo abierto. Pues la contaminación de las variedades nativas y criollas por el polen transgénico no es un riesgo sino un hecho15.

En el encuentro también se presentaron los estudios más reciente de la Universidad de Caen en Francia16 donde se analizaron los efectos sobre la salud en ratas alimentadas con un maíz transgénico durante dos años: “todos los grupos tratados murieron dos-tres veces más… y con mayor rapidez”. Y a quienes opinan que no está demostrado que las consecuencias serían las mismas sobre los seres humanos se podría responder que, dada la movilización internacional en contra de los transgénicos, parece que los consumidores no quieren averiguarlo.

La amenaza de la siembra de 2.5 millones de hectáreas de maíz transgénico en México sigue siendo real e inminente. Si este proyecto se vuelve realidad, uno de los más esenciales bienes comunes de la humanidad, el maíz, será “privatizado”, los que lo defienden serán eliminados y los que sobreviven gracias a su cultivo serán envenenados. Quedan los que pensaban que sólo era un problema mexicano. Ellos también serán envenenados, pero no recibirán su veneno gratis en el marco de un plan en contra del hambre sino que lo pagarán dos veces más caro, cuando en su rica mesa añadirán a su rica ensalada el delicioso maíz “orgánico” mexicano, versión empresarial contaminada de lo que antes era naturalmente común.

1 “Carta al pueblo y gobierno de México: Manifiesto del Maíz: NO al Maíz transgénico”, Carta de la Unión Nacional de Organisaciones Regionales Campesinas Autónomas (UNORCA), disponible en http://viacampesina.org/es/index.php/temasprincipales- mainmenu-27/biodiversidad-y-recursos-gencos-mainmenu-37/1591-mexico-huelga-de-hambre-contra-el-maiz-trangenico

2 El Tribunal Permanente de los Pueblos – Capítulo México se inauguró públicamente en octubre de 2011 y tiene una serie de audiencias temáticas hasta 2014: guerra sucia, impunidad y falta de acceso a la justicia; feminicidios y violencia de género; migración y desplazamiento forzado; violencia contra las y los trabajadores; violencia contra el maíz, la soberanía alimentaria y la autonomía; devastación ambiental y derechos de los pueblos; desinformación, censura y violencia contra comunicadores.

3 Alfred W. Crosby, revisión de James C. McCann, Maize and Grace: Africa’s Encounter with a New World Crop, 1500-2000 en Technology and Culture, Vol. 47, No. 1, Enero 2006, pp. 190‐191.

4 “La Comisión Nacional para el Conocimiento y Uso de la Biodiversidad en México (Conabio) había dictaminado que las solicitudes de las compañías fueran rechazadas, sobre la base de los riesgos para la biodiversidad en el centro de origen y debido a que consideró que la coexistencia de variedades campesinas con maíz transgénico es imposible”. Fuente: Grupo ETC, Boletín informativo, Jueves 13 de diciembre de 2012 – http://www.etcgroup.org

5 Kato, T.A. et al., “Origen y diversificación del maíz: una revisión analítica,” Universidad Nacional Autónoma de México, omisión Nacional para el Conocimiento y Uso de la Biodiversidad, México, 2009, disponible en http://www.biodiversidad.gob.mx/genes/pdf/Origen%20del%20MaizUv.pdf

6 Comisión Nacional para el Conocimiento y Uso de la Biodiversidad, proyecto “Centros de origen y diversificación”, disponible en http://www.biodiversidad.gob.mx/v_ingles/genes/centers_origin/centers_origin.html

7 Sobre la manipulación gubernamental para negar que todo México es centro de origen del maíz, ver el documento de Ceccam “La determinación de los centros de origen y diversidad genética del maíz”, Mexico, 2012, disponible en: http://www.ceccam.org/publicaciones?page=1.

8 Ibid.

9 La Via Campesina, GRAIN, Grupo ETC, “Maíz transgénico en centro de origen. Carta abierta al CBD y a la FAO,” 29 Novembre 2012, disponible en http://viacampesina.org/es/

10 “Hasta antes del término de la administración de Calderón, los permisos para la liberación de cultivos transgénicos eran otorgados por la Secretaría de Agricultura, Ganadería, Desarrollo Rural, Pesca y Alimentación (Sagarpa), en consulta con la Secretaría de Medio Ambiente y Recursos Naturales, que a su vez tenía la obligación de seguir los dictámenes del Instituto Nacional de Ecología (INE), de la Comisión Nacional para el Uso y Conocimiento de la Biodiversidad (Conabio) y de la Comisión Natural de Áreas Naturales Protegidas (Conanp). El gobierno de Calderón eliminó la obligación de decidir de acuerdo a las recomendaciones de las tres instituciones (borrando la palabra “vinculante” de la regulación), eliminando además la referencia a consultar al Instituto Nacional de Ecología”. Fuente: Grupo ETC, Boletín informativo, Jueves 13 de diciembre de 2012 – http://www.etcgroup.org Para información más detallada véase: Diario Oficial de la Federación, 26 de noviembre de 2012, “Decreto por el que se expide el Reglamento Interior de la Secretaría de Medio Ambiente y Recursos Naturales.” El cambio está en el artículo 27 – XVII. Una comparación con la versión anterior se puede consultar en el boletín de prensa de Greenpeace, nota número 3. Disponible en: http://dof.gob.mx/nota_detalle.php?codigo=5279128&fecha=26/11/2012

11 Véase también UCCS, European Network of Scientists for Social and Environmental Responsibility (ENSSER), International Network of Engineers and Scientists for Global Responsibility (INES), Third World Network y Grain, “GM Maize in Mexico: An irreversible path away from agricultural biodiversity, farmer livelihoods and the right to food within the center of origin of maize,” noviembre de 2012, disponible en: http://www.ensser.org/developing-responsible-approaches-to-risk-assessment/gm-maize-inmexico/.

12 Robles Berlanga, Héctor Manuel, “(Trans)national agribusiness capital and land market dynamics in Mexico”, Canadian Journal of Development Studies/Revue canadienne d’études du développement, Vol. 33, No. 4, 529–551, December 2012

13 “In analysing information from each of these areas individually, it would appear that the circulation of land is a marginal phenomenon. However, if we look at land sales together with contracts involving usufruct, dominio pleno (freehold) and the formation of commercial companies, we come up with 11,553,000 hectares of land. This is far from insignificant, as it represents 6.5 per cent of the rural land area and 36.7 per cent of the cultivated land in the country”, in Robles Berlanga, Héctor Manuel, “(Trans)national agribusiness capital and land market dynamics in Mexico”, Canadian Journal of Development Studies/Revue canadienne d’études du développement, Vol. 33, No. 4, 529–551, December 2012. Traducción del inglés por el autor.

14 La Vía Campesina “México, mega marcha contra el maíz transgénico”, http://www.viacampesina.org/es/index.php/temasprincipales- mainmenu-27/biodiversidad-y-recursos-gencos-mainmenu-37/1613-mexico-mega-marcha-contra-el-maiz-transgenico

15 “Extrañamiento dirigido al Presidente de la República Mexicana”, México, D. F., 29 de septiembre, 2009. Disponible en http://www.unionccs.net/doc/g/sciencetrmaize_es

16 Eric Séralini et al., “Long term toxicity of a Roundup herbicide and a Roundup-tolerant genetically modified maize. Food and Chemical Toxicology”, 2012. Disponible en http://dx.doi.org/10.1016/j.fct.2012.08.005